“La gente che assiste al Carnevale Ladino di Fassa chiede spesso: “Qual è il significato di queste maschere”? Il significato delle maschere va letto nel contesto di quello che era l’assetto della cultura tradizionale nella valle di Fassa (Trentino). Ma andiamo con ordine. I protagonisti del Carnevale di Fassa sono due grandi gruppi di maschere: quelle che io ho chiamato le Maschere Guida e la Maschere di Gruppo. Le maschere di Gruppo sono divise fra “i belli” e “i brutti”,mèscres a bel e mèscres a burt. Da un punto di vista canonico i belli e i brutti sono sempre maschio e femmina, om e fémena, una coppia sposata, i quali sono o estremamente belli o estremamente brutti, secondo i canoni carnevaleschi dell’esagerazione: gli uni fanno le cose in maniera follemente sgangherata, gli altri in maniera follemente precisa. Questi sono i due poli universali del Carnevale, non solamente per quello del paesino di Penìa.
Poi ci sono le Maschere Guida, il Bufon, il Laché e i Marascons, maschere che non rappresentano assolutamente niente.
Se noi le guardiamo attentamente esse sono il risultato di un assemblaggio dei costumi festivi maschile e femminile, con addizione di fiori, la coda del gallo forcello, lo specchio, lo scettro, i campanacci. Sono quindi personaggi che non rappresentano altro che se stessi: sono autoreferenziali. Se consideriamo che gli interpreti delle Maschere Guida dovevano essere un tempo i coscritti del nuovo anno, comprendiamo il perché esse nono sono né decisamente maschili, né decisamente femminili: sono personaggi ambivalenti, né carne né pesce. Ciascuno di essi è di fatto “un iniziando”, una persona che accede alla maggiore età, una persona che non è più un bambino e non è ancora un adulto: è ancora in mezzo al guado. […]
una maschera del carnevale ladino nel museoIl Carnavale di Soragacarnevale tipico a Penia (Canazei)Fernando Brunel scrive di pantomime e tradizioni
Quello che le ricerche hanno portato in evidenza non rappresenta in sé niente di nuovo: i lavori storici di De Gubernatis (1867), di Pola Falletti di Villafalletto (1939) e altri, già puntavano in quella direzione offrendo indicazioni di tipo strutturale, pur non essendo ancora radicati nella ricerca sul campo a vasto raggio.
Passando dallo studio del Carnevale Fassano alle ricerche sulle società segrete delle maschere in Africa occidentale ho potuto verificare che in quell’area la funzione iniziatica della maschera è palese ed esplicita: superato il rito iniziatico il giovane è pronto ad assumersi tutte le responsabilità di un individuo pienamente integrato all’interno del sistema riproduttivo.
Non è affatto vero che le comunità alpine hanno mantenuto questo tipo di cultura solo perché erano isolate (il che è vero, in parte): ci sono degli aspetti conservativi della cultura alpina che sopravvivono proprio perché è rimasto in vita fino ad un certo punto un determinato modo di produzione. Per questo motivo è lecito rivendicare alle Alpi, alla Val di Fassa in particolare, il fatto di aver mantenuto forme di organizzazione sociale e forme di espressione simbolica coerenti con quel tipo d’organizzazione che altrove si sono perse perché sono cambiate le condizioni di contorno.”